lunedì 22 dicembre 2008

Si tú vuelves

Perché alla fine si torna, sempre.
Nel mio caso si torna per andarsene di nuovo, ma tant'è.

Mi lascio Santiago alle spalle perduta nel suo Natale che non vedrò mai, e con la valigia di cartone (ma anche no) mi lancio in un fantastico volo dell'Iberia che dalla Galizia mi scarica a Madrid e da Madrid mi catapulta verso Roma.
Non prima di avermi fatto subire tre ore e mezzo di ritardo, claro.

Arrivato all'aeroporto della capitale spagnola vedo la mia condanna sui monitor e mi rassegno a passare il pomeriggio lì. Vado addirittura da McDonald's ("tanto nessuno ti vede", penso, "puoi darti ai grassi saturi e anche mangiare il McFlurry con gli Oreo smacinatidentro, alla faccia dei NoGlobal"); poi l'altoparlante mi dice che il ritardo è meno ritardato, e quindi devo correre. Colpisco con la 24 ore una vecchietta indifesa (lo so che la 24 ore suona come una cosa molto figa, ma quando insieme al computer la riempi con mutande sporche che non sai dove mettere altrimenti, credetemi non lo è più) e corro come Forrest verso il gate dove un signore molto fine con un tatuaggio in faccia alla Tyson sta litigando con l'hostess sfatta che vorrebbe solo andarsene a casa.

Arrivo in una Roma devastata dalla Natura matrigna, dove il Tevere sembra un fiume sulle montagne di qualche stato americano con la doppiavvù. Quando faccio il biglietto per la stazione Termini lo chiedo in spagnolo, e rendendomene conto penso ai miei amici che mi danno del ridicolo. E anche al mio cervello lost in translation. Vivo le mie prime 48 ore sospeso nel vuoto, tutto sembra familiare ma le cose sono irrimediabilmente alterate. Hanno perso di senso, sconvolto i propri ruoli.

Rivedo amici e famiglia e mi accorgo che sì, mi sono mancati tanto. Ma i posti e la gente che li popola, quelli forse no. E' quello che dico a Maria Laura pochi secondi prima che un gentiluomo risponda al cellulare con uno "oèèèè!! stamm' miezz' a piazz', annanz' 'a fOOOntan'". So ancora guidare la macchina e continuo a non saper parcheggiare. L'albero in piazza a Sorrento è sempre magnifico, ma le luci sul corso mi danno un senso di ansia e soffocamento.
Forse è vero che siamo cambiati, o forse è solo un inganno del mio cervello fottuto che alla domanda cosavuoipercena risponde a mi me da igual.

martedì 9 dicembre 2008

A noite escura

Il buio della notte etilica rompe le catene tra i miei neuroni.
Cosa ho detto un minuto fa?
Mi perdo nelle voci colorate come luci, e parlo una lingua mia non mia.
Mi stai ascoltando?
Joder me encanta esa canción.
Mi giro su me stesso e sono già in un altro luogo.
Cosa vuoi mostrarmi con le tue luci gialle, città antica?
Sei santa e puttana come tutti noi.
Mi hai gettato in un buco profondo duemila chilometri, e non so più dire il mio nome.
Lo pasé muy bien. Genial.
Ti volti per gettarti sul bancone e già non so dove mettere l'accento sul tuo nome. La tua mano scivola sul bicchiere umido mentre mostri al mondo le due ali nere tatuate sulla tua schiena scoperta.
E' seducente l'indie-rock quando arriva dagli amplificatori annebbiati dal fumo.
Fuori piove. Llueve. Chove.
Chove en Santiago na noite escura. Lo ripeto ad alta voce come se fosse una canzone trascinante, o una preghiera incosciente.
E nel mentre ballo con gli occhi semichiusi, per assecondare questo mondo che mondo non è.
Come siamo arrivati fin qui?
Vorrei gettare la testa nel verde della fontana, ma so che non è estate. Qui le ore non hanno confini ma le stagioni sì.
Da quanti millenni sono qui?
Continuate a stringermi la mano e a presentarvi ma chi siete, cazzo.
Lei mi prende per mano e cominciamo a saltare. Scivola nel profondo della sua storia, e vuole che canti anch'io nel rumore. I miei neuroni mentono, e lo fanno in portoghese.
Le lentine mi profanano gli occhi irregolari. Le gratterei via come la crosta di una ferita.
Sanguina la città nuova, di luci colorate.
Ma dov'era tutta questa gente, qualche centinaio di minuti fa?
Si abbracciano cantando motivetti dell'infanzia, vagano insicuri nell'aria irreale.
Sotto la vetrina di capi firmati una ragazza bionda cantapiange in inglese. Piangecanta e sembra non smettere mai.
Quépasówhathappened? Dice che non è mai stata così felice in vita sua.
Tu che hai ancora riflessi blu nei capelli mi dici che questi giorni sono nostri e nessuno dovrà saperecapire mai. Io ti abbraccio sotto casa tua vicino al negozio di vestiti per bambini vecchi e ti dico dormi bene.
Rotolo fino a casa e mi sembra di galleggiare.
Nell'istante esatto in cui le lenzuola mi leccano il viso suona la sveglia, ed è già domani.
Buenas.